Il cantiere scuola, il cantiere permanente di panta rei parte dal presupposto che nel panorama formativo ci sia necessità di ampliare non tanto i temi, quanto i metodi per migliorare l’efficacia del trasferimento delle competenze e conoscenze. Questa metodologia quindi si pone come complementare e non sostitutiva ne alternativa rispetto agli altri processi formativi, accademici, legati al mondo dell’impresa, legate ai finanziamenti pubblici nazionali ed europei. Si parte sempre da qualcosa di reale, come per l’educazione ambientale, qualcosa di utile e non artefatto o fittizio, si parte da qualcosa da costruire che sarà usato ed anche per questo monitorato. I soggetti coinvolti nel processo formativo vengono stimolati attraverso il fare, la partecipazione, le “mani in pasta”, e da questa immersione che è sopratutto pratica vengono stimolati quesiti e curiosità risolte sul cantiere stesso o all’interno dei moduli teorici che affiancano le attività pratiche.
Cerchiamo di aumentare la coerenza fra il detto ed il richiesto, ed il realizzato, coerenza che deve essere allargata al contesto in cui si opera e alle conseguenze di ciò che faccio, non possiamo pretendere astrattezza assoluta, dobbiamo consentire a chi impara di poter fare ciò che gli chiediamo. Nel cantiere scuola è possibile praticare un altro elemento apparentemente conservatore, si possono semplificare i processi e le macchine utilizzate, semplificazione a servizio della comprensione della complessità.
Lo stare sul cantiere assieme a professionisti che sanno coniugare teoria e pratica, ma che soprattutto sanno mettere gli altri in condizioni di “fare cose” segue alcune direttrici:
– immersione. Se ragiono di un luogo, di una risorsa, di un tema, cerco una declinazione territoriale da me raggiungibile di quel tema, un luogo concreto, un riflesso, una conseguenza, leggibile, visitabile, in cui sia possibile immergersi e trovare concretezza e pratiche. Limitante è chiudersi fra 4 mura piene di poster o guardare diapositive
– convivialità. Superamento della divisione fra momenti formativi e socialità , la formazione non si configura come processo lavorativo. Imparare, deve essere bello e sarà tanto più interessante quanto risulterà piacevole ed utile (un percorso formativo oltrechè soddisfare le proprie esigenze di conoscenza, deve anche portare a lavorare)
– commistione. Pratica e teoria, tradizione ed innovazione debbono attraversarsi, incrociarsi, verificarsi reciprocamente, tecnologia e artigianato possono compenetrarsi dando vita a percorsi formativi maggiormente efficaci perchè pensati in un’ottica che preveda una visione realmente sistemica.
– assimilazione. Tre sono i metodi in cui provare a garantirla dentro un processo formativo. Ci vuole di porre particolare attenzione alla comprensione che può essere ricercata attraverso le tecniche sopra illustrate, che deve essere oggetto di verifica individuale e collettiva, che deve essere misurata e che sta per lo più in capo alla qualità dei docenti. In seconda battuta gli allievi devono obbligatoriamente manutenere le proprie competenze, sia pregresse che acquisite durante il corso. Anche questo si fa se il contesto è reale, se viene fornita una possibilità di usare nel quotidiano le conoscenze e competenze oggetto del corso. In terza battuta devo pensare alla riproduzione in un contesto lavorativo o dentro percorsi formativi in cui gli allievi diventano docenti, dei concetti acquisiti. C’è bisogno di poter usare e usare con continuità quanto appreso sebbene ancora non ben padroneggiato, pena la dimenticanza.